Filastrocche

FILASTROCCA DELLE VACANZE
Arriva giugno, andiamo in vacanza
ci andiamo
leggeri, a passo di danza,
prendiamo lo zaino, calziamo il
cappello
se nuvola piove abbiamo l'ombrello.
Vacanza vuol dire aspettare il mattino,
spiare se
sbocciano i fiori in giardino
(in città, magari, nel vaso, al
balcone),
mangiare il gelato, giocare a pallone.
Vacanza vuol dire non avere mai sonno,
partire in
treno e andare dal nonno,
aiutare la nonna che fa la crostata
con
la frutta dell'orto lavata e sbucciata.
Vacanza vuol dire annoiarsi un pochino
sfogliando
più volte quel giornalino
già letto e riletto sopra il
divano,
ascoltando le ore che battono piano.
Le ore bambine sono calde e dorate
colorano i
giorni di tutta l'estate,
fan gli scolari più grandi ed
arguti:
bussa settembre e son tutti cresciuti!
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Sogno
"Mare di sabbia e poi mare nero
un filo di luna guida la barca
conduce a terra, disvela il vero:
che il sogno s'infrange quando si sbarca"
L'uomo nero vestito d'amaro
cercava riposo, cercava riparo.
Quando raggiunse la stazione
non una panca, non un cartone.
L'uomo nero andò alla fontana,
carezzò l'acqua, si lavò il viso
e la donna di pietra gli fece un sorriso.
L'uomo nero alla gran cattedrale
"Su questi gradini non dormirò male"
disse e si stese sul marmo bianco:
carezze di luna lungo il suo fianco.
Col miele in bocca si aperse il mattino.
Si alzò l'uomo nero e riprese a fuggire,
camminò strade e stretti sentieri,
leggero il fardello dei suoi pensieri.
Ritornò indietro, alla riva del mare,
entrò nell'onda sereno e leggero.
La bianca spuma brillò perle al suo nero.
Fu così che ai piedi del faro mai spento
salpò l'uomo nero col favore del vento.
La filastrocca, cantata e musicata da Stefano Panzarasa, si ascolta qui